Biografia

Conosciamo insieme Gian Rodolfo d’Accardi

Gian Rodolfo d’Accardi

“Sono autodidatta. Dipingo senza preconcetti infischiandomi delle polemiche.”

Gian Rodolfo d’Accardi nasce a Palermo il 9 giugno 1906. Frequenta gli studi classici a Palermo e a Napoli. Trasferitosi con la famiglia a Milano nel 1925, per un brevissimo periodo lavora in banca, impiego che lascia perché convinto, e sostenuto nelle sue aspirazioni dalla madre, che la sua strada sia un’altra.

Gli Inizi e gli Anni Trenta
Già nel 1930 partecipa alle prime manifestazioni artistiche. Supera gli esami di ammissione all’Accademia delle Belle Arti di Brera a Milano, ma non la frequenta. È autodidatta.
Dal 1931 si dedica completamente alla pittura. Suoi quadri vengono acquistati dalla Galleria d’Arte Moderna di Milano, dal Museo di Milano e un suo Naviglio dagli Amici di Brera. È presente a manifestazioni nazionali ed internazionali, come la IIa Esposizione Internazionale di bianco – nero cui partecipano Picasso, Braque, Derain, Bonnard, Utrillo, Rouault ed altri nel 1937, la Biennale di Venezia, la Quadriennale di Roma, le Biennali di Milano, cui è invitato regolarmente. È un momento di successo sottolineato dalle critiche entusiaste di Raffaello Giolli, personalità attenta ai giovani artisti promettenti. Nel 1939 tre sue poesie Incanti, Paesaggio Azzurro e Pioggia in giardino vengono pubblicate su due tra i più storici giornali italiani, «Il Meridiano di Roma» e «Il Piccolo della Sera» di Trieste. Nasce il poeta, inscindibile dall’artista pittore.

Gli Anni Quaranta–Cinquanta
Nel 1942 esce una prima intensa monografia scritta da Carlo Ceruti ed edita da Guanda. I duri anni della guerra lo costringono a lasciare temporaneamente il suo studio milanese bombardato e a sfollare con i genitori a Cernobbio, sul lago di Como. Nel 1945 si sposa con Luisa, per lui sempre Isella, giovane crocerossina che gli darà tre figlie e gli sarà compagna fedele e insostituibile per tutta la vita. Nell’ambiente comasco si lega a sincera amicizia con gli artisti Carla Badiali e Manlio Rho. Ritorna quindi a Milano nel suo nuovo studio in via Corridoni e, in seguito, definitivamente, in via Tortona 31 (proprio di fronte all’attuale Mudec). Lo studio, sempre aperto ad amici e collezionisti, sarà la sua seconda casa. La vita artistica continua a essere ricca di esperienze, riconoscimenti e incontri con persone interessanti e degne di nota, tra le quali i pittori Arturo Tosi, Lucio Fontana, Fiorenzo Tomea e l’architetto Giò Ponti. Con l’incisore svizzero Mario Marioni nasce un rapporto di profonda sintonia che durerà fino alla scomparsa di quest’ultimo. Un’importante manifestazione di stima è testimoniata dalla presentazione di Ugo Nebbia per la prima personale alla Galleria “S. Fedele” di Milano nel 1951, cui seguiranno le altre due mostre nel 1955 e nel 1963; quest’ultima vede la pubblicazione della monografia curata dal critico Agnoldomenico Pica.

Gli Anni Sessanta–Settanta
Sono anni di maturità artistica, come testimoniano l’antologica alla Galleria “Cortina” a Milano nel 1970, le notevoli personali negli Stati Uniti, al “New York Cultural Center” nel 1971, alla Galleria “Bernheim–Jeune” a Parigi nel 1974 e la retrospettiva di grande interesse a Palazzo Butera a Palermo nel 1975. Il lungo soggiorno statunitense imprime una svolta decisiva al suo cammino pittorico: la sua pittura, da lui stesso definita astratto–figurativa, assume ora accenti decisamente forti di colore, espressi da pennellate pregne e intense che comunicano intensità alle cavalcate, alle maschere, alle battaglie.

Gli Anni Ottanta–Novanta
Non lascia Milano, ma trascorre lunghi periodi a Cadreglio, in una grande villa nei pressi di Como. Immerso nella silenziosa natura, la poesia, espressione fondamentale della sua sensibilità artistica, riflette il suo mondo pittorico. Nel 1981 edita il libro di poesie, tradotte in francese, con due acqueforti Nei cieli sempre verdi e Rebellato Editore pubblica la raccolta di poesie Mi azzurro di mare, con prefazione dello scrittore Michele Prisco. Scrive il critico Luciano Budigna: “… d’Accardi, a conoscerlo di persona, con quel suo sguardo di fanciullo timido e appassionato, quel sorriso incredibilmente dolce, quei modi pronti e apparentemente arrendevoli (ma, dietro a tutto questo, non sarà difficile intravedere un rigore morale, persino una durezza quasi giansenista, che non disarmeranno mai) dà, nella dimensione umana, la stessa sensazione che un suo quadro offre in quella estetica.”
Nel 1992 si trasferisce a Varese, dove muore il 31 agosto 1993.

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